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Nomisma Spa
E-Auction 13  18 Dec 2019
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Lot 952

Starting price: 300 EUR
Lot unsold
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Anno 1856 - Per l'attentato di Agesilao Milano e la congiura di Bentivegna Piombo brunito - 44,5 mm - 38,60 gr. - R2 - Opus: Pietro Thermignon - D'Auria n. 251 - Ricciardi n. 215 - Fava n. 40 - Camozzi n. 935 - Mondini pag. 163. Coniata a Torino. Al dritto: SOLO IN PIENA LUCE A VISO APERTO SI LEVO' CONTRA L'EMPIOACCAMPATO E POTENTE REDENTORE CIVILE A. MILANO. La testa giacente del giustiziato regicida; in fondo la Baia di Napoli ed il Vesuvio. In basso: 1856. Al rovescio: IMPAZIENTE CON POCHI RUPPE GUERRA ALLA MALA SIGNORIA PRELUDENDO COL PROPRIO SANGUE ALL'ITALICA LIBERTA' 1856. Il Bentivegna, in ginocchio per essere fucilato, si strappa la benda dagli occhi. All'esergo: F. BENTIVEGNA. Sul plinto: P. T. F. (Pietro Thermignon Fecit). Agesilao Milano nacque a San Benedetto Ullano il 12 luglio 1830 e morì a Napoli il 13 dicembre 1856. L'8 dicembre del 1856, giorno dell'Immacolata Concezione, Ferdinando II, assistette a Napoli alla Santa Messa con tutta la famiglia, gli alti funzionari governativi e molti nobili del suo seguito. Dopo la celebrazione, il sovrano passò in rassegna, a cavallo, allo sfilare delle truppe (25.000 soldati) sul Campo di Marte a Capodichino. Fu allora che Agesilao Milano, rotte le righe, si lanciò contro il re e, non potendo caricare tempestivamente il suo fucile, riuscì a ferirlo con un colpo di baionetta, che fu attutito dalla fonda delle pistole sospese sulla sella del cavallo, ma fu comunque profondo. L'aggressore stava per scagliare un secondo colpo ma Francesco de La Tour, tenente colonnello degli ussari, intervenne immediatamente travolgendolo con il cavallo e facendolo cadere a terra , permettendone l'arresto. Il re se la cavò con un grosso spavento e la sera stessa fu salutato con tripudio e feste grandi dal popolo per lo scampato pericolo. Agesilao Milano fu condannato a morte il 12 dicembre dello stesso anno. L'avvocato che lo difese ufficiosamente, Giocondo Barbatelli, presentò la domanda di grazia al re, il quale la respinse e non volle neanche ricevere l'avvocato di persona. Il giorno successivo, fuori Porta Capuana, in Via Cavalcatoio, prima dell'esecuzione Milano fu sottoposto a degradazione e, tolta la divisa, il suo corpo mostrava i segni della fustigazione subita durante l'interrogatorio, indossato una veste nera con al petto la scritta "Parricida", dopo tre giri sulla carretta dei condannati attorno alla truppa, fu impiccato in Piazza del Mercato. Le ultime parole sarebbero state: « Io muoio martire! ..Viva L'Italia!.. Viva l'indipendenza dei popoli.. ! ». Il suo corpo fu gettato nella fossa comune del cimitero della contigua Chiesa del Carmine. Francesco Bentivegna, nacque a Corleone il 4 marzo 1820 e morì a Mezzojuso il 20 dicembre 1856. Fu un patriota italiano, protagonista della rivolta anti-borbonica in Sicilia. Nato da nobile famiglia, giovanissimo aderì ai moti patriottici del suo tempo. Fu eletto deputato di Corleone nel 1848 e nello stesso anno nominato governatore militare del distretto corleonese. Tornati al potere i Borbone, il Bentivegna rimase in Sicilia e collaborò a vari tentativi insurrezionisti, finché nel 1853 fu catturato ed imprigionato, per essere poi liberato nell'agosto del 1856. Nel novembre dello stesso anno fu al comando del tentativo di sollevazione insieme a Salvatore Spinuzza di Cefalù. Dopo che gli insurrezionisti furono messi in fuga dalle truppe borboniche, il Bentivegna fu catturato il 3 dicembre e condannato a morte mediante fucilazione da un tribunale militare. Dopo l'esecuzione la condanna fu annullata poiché in appello fu ritenuto che la competenza spettasse al tribunale ordinario. Descrizione dell'Incisore: Pietro Thermignon, Scultore, incisore e medaglista, nato a Torino nel 1819. Si formò presso una nota oreficeria di Torino e studiò disegno alla Scuola Popolare, le sue doti artistiche gli consentirono di frequentare l'Accademia Albertina. Nel 1851 fece un viaggio di studio a Londra dove, all'Esposizione Universale, conobbe le nuove tecnologie di coniazione. Riuscì, rientrato a Torino, a realizzare nuovi macchinari per la coniazione, sfruttando le nozioni apprese e realizzò numerosissime medaglie e bassorilievi di grande raffinatezza, morì a Torino nel 1901.
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